martedì 10 settembre 2013

Libri: il Dodecaneso italiano,una storia unica e dimenticata

Libri: il Dodecaneso italiano,una storia unica e dimenticata

Esce II volume Pignataro centrato su anni di Mario Lago 1923-36


(di Patrizio Nissirio) (ANSAmed) - ROMA, 9 SET - Una buona amministrazione. Uno sforzo notevole per modernizzare dal punto di vista infrastrutturale, agricolo ed urbanistico un territorio rimasto arretrato e marginale da secoli. Un'esperienza che, almeno fino al 1936, quando cambia la politica estera italiana, diventando più muscolare, ha più luci che ombre, specie in termini di tolleranza ed inclusione verso le varie comunità: la storia del Dodecaneso italiano (1912-1947), tanto unica quanto dimenticata, continua ad essere narrata con straordinaria - ed inedita - accuratezza e ricchezza di materiali da Luca Pignataro nel secondo volume del suo "Il Dodecaneso italiano" (Solfanelli, pp.655, 40 euro).

Un secondo volume incentrato sulla figura di Mario Lago, governatore del possedimento dal 1923 al 1936, anni in cui queste isole oggi greche (che dipendevano allora dal ministero degli Esteri e non da quello delle Colonie) diventano un esempio di sapiente amministrazione, grazie al livello culturale di Lago, "un uomo di cultura, oltre che diplomatico". Ma anche, sottolinea Pignataro, "perché Mussolini disse che doveva essere così, almeno per un certo periodo. Occorreva ristabilire buoni rapporti con Grecia e Turchia, quindi negli anni venti Mussolini fa fare dei trattati con la Grecia e viene detto ufficiosamente che si farà in modo di mantenere una certa autonomia degli abitanti. Poi nel 1936 cambierà la politica estera italiana, con l'atteggiamento per il quale si vuole controllare il Mediterraneo, la sfida alla Gran Bretagna. Quindi bisognerà essere più aggressivi".

Perché questo pezzo di storia italiana, dove c'è anche qualche motivo di orgoglio, proprio per la buona gestione delle isole ex ottomane, è finito nell'oblio, gli chiediamo? "Il motivo principale - spiega lo storico ad ANSAmed - è che l'Italia aveva perso la guerra e quindi bisognava far dimenticare queste attitudini da grande potenza, nel dopoguerra si doveva cercare di ristabilire buoni rapporti con paesi vicini, in questo caso la Grecia. Poi, la limitatezza del contesto geografico, e la sua perifericità. Gli italiani erano pochi, in quelle isole. Involontariamente, poi, si ricollegava il Dodecaneso italiano con l'attacco alla Grecia del 1940, che era una pagina molto triste. E tutto quel che poteva essere d'ostacolo ai buoni rapporti Italia-Grecia andava dimenticato".

"Lago - spiega Pignataro - aveva un livello culturale superiore e ha operato affinché questo possedimento diventasse una realtà fiorente. Cercò di avere una politica abbastanza tollerante verso le varie comunità, cerco di avvicinarle all'Italia con maniere affabili. Non ci fu fanatismo politico.

Sbaglia chi identifica i suoi anni con il fascismo col manganello. Il limite era nella cosa in sé: doveva promuovere queste terre, ma era il rappresentante di un paese straniero, bene o male, alla lunga avrebbe dovuto italianizzare in una certa misura gli abitanti. C'era un gran rispetto verso le consuetudini locali, non il tentativo di stravolgerle". "I greci colti - dice Pignataro, che ha passato 10 mesi negli archivi di Rodi -, quelli con una formazione culturale europea sono molto interessati a quel pezzo di storia. Ma i greci anche colti delle vecchie generazioni lo vivono con fastidio, lo vituperano, ne parlano a tinte fosche, ma sulla base di preconcetti ideologici. Al contrario, la gente comune, soprattutto a Rodi, parlando a quattr'occhi dice 'eravamo ben amministrati'. Riconoscono la qualità di interventi architettonici ed urbanistici che purtroppo oggi sono in rovina, e loro stessi se ne lamentano".

Quando arrivò il governatore Cesare De Vecchi di Val Cismon, nel 1937, le cose cambiarono. "Con De Vecchi la lingua d'insegnamento doveva essere solo l'Italiano, le scuole divennero tutte governative. Per fare questo licenziò molti maestri locali e fece venire molti insegnanti dall'Italia. Ci furono cose spiacevoli, fenomeni di squadrismo, ma anche in quel periodo ci si preoccupava del benessere materiale della gente.

De Vecchi non voleva che l'Italia entrasse in guerra, personalmente non era antisemita, anche se poi applicò le leggi razziali". "La politica di De Vecchi, ma soprattutto l'entrata in guerra con la Grecia rovinò tutto - ricorda Pignataro - A quel punto i giochi erano chiari: chi avesse vinto si sarebbe tenuto quelle isole. Lì cresce astio contro gli italiani, ma sempre in certa misura, infatti si racconta anche di amicizia con soldati italiani. A Castelrosso (oggi Kastellorizo) c'erano molti filo italiani, che combatterono con gli italiani contro gli inglesi ed ebbero medaglie al valore".(ANSAmed).
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